Comunista! Per le Marche
Di seguito pubblichiamo il documento politico come appello rivolto ai cittadini ed ai lavoratori delle Marche, che invitiamo a sottoscrivere mediante e-mail con cognome e nome, professione e comune di residenza, da inviare a comunista.marche@gmail.com.
IL NOSTRO FUTURO E’ COMUNISTA!
I Comunisti uniti verso le elezioni regionali delle Marche, e oltre...
Alla fine del secolo scorso il capitale trionfante annunciava la fine della storia e prospettava un futuro di benessere. L’imperialismo si era appena aggiudicato il primo round del suo incontro con l’umanità. Dopo trent’anni siamo ancora nel bel mezzo della battaglia.
Oggi sappiamo che, al netto degli straordinari processi di innovazione tecnologica, le condizioni economiche e sociali stanno arretrando a prima delle grandi rivoluzioni sociali del ‘900. Il ritorno al passato si manifesta mediante una riduzione degli spazi di democrazia, un accentramento di potere che avanza parallelamente alla concentrazione di ricchezza in poche mani. L’oligarchia cambia i propri volti per riaffermare le sue regole, controlla i mercati finanziari ed il senso comune mediante l’informazione gestita e la “cultura” prodotta dai mass media. Aumenta la disoccupazione, la povertà di massa, si riducono i diritti sociali e le aspettative di vita delle persone comuni. I lavoratori sono considerati merce, ridotti a numeri. Tornano in occidente le epidemie e le emergenze sanitarie, mentre i cannoni di guerra non hanno mai fermato il canto di morte dell’imperialismo.
E’ necessario invertire la rotta, con la consapevolezza che l’unica strada sono le alleanze sociali con i soggetti produttivi reali: gli operai, gli studenti, i lavoratori autonomi, gli agricoltori, gli artigiani, i commercianti ed i piccoli imprenditori. E’ urgente unire le forze, unire le lotte sociali, di settore e di genere, alla lotta politica generale, per resistere ed invertire la rotta prima che sia troppo tardi.
Mentre le esperienze comuniste nel mondo, anche dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, si sono rafforzate e, oggi, vi sono grandi partiti comunisti che governano immensi Paesi, che sono determinanti nei processi rivoluzionari o di trasformazione sociale e, in ogni caso, rappresentano decisive opposizioni a governi conservatori o reazionari in tante aree internazionali, in Italia, il movimento comunista, per propri errori e vere e proprie mutazioni genetiche che lo hanno attraversato a cavallo tra il XX ed il XXI secolo, vive una propria fase critica. Una crisi le cui cause sono state spesso rimosse dagli stessi dirigenti e che si è manifestata mediante una graduale supremazia della tattica sulla strategia, una sostanziale separazione dell’autonomia politica dalla prassi sociale.
Nell’Europa occidentale la funzione del movimento comunista ha progressivamente assunto caratteri sempre più riformisti e sempre meno rivoluzionari, approdando prima alla teorizzazione dell’Eurocomunismo, sotto l’ombrello protettivo della NATO, e poi, dopo la Bolognina, degenerando in un revisionismo eclettico che ha fatto dell’opportunismo politico la sua nuova bussola. Questa crisi, tuttavia, è stata provocata anche dagli errori e dall’involuzione burocratica dei paesi socialisti dell’Europa orientale, nonché dell’URSS, fino a scaturire nel biennio nero che si apre nel 1989 e si conclude nel 1991, che nel vecchio continente interrompe il processo storico apertosi con la Rivoluzione d’Ottobre e ne liquida i soggetti politici di riferimento, comprese le organizzazioni politiche socialdemocratiche. Nel 1992, con il Trattato di Maastricht ed il processo costituente europeo, si apre una nuova fase di sviluppo capitalista e di dominio imperialista.
Negli ultimi trent’anni questa nuovo corso politico ed economico neoliberista è stato caratterizzato da un attacco senza precedenti, portato su scala sovranazionale, ai salari, ai diritti ed allo stato sociale. A questa offensiva né la nuova sinistra politica, né il movimento comunista sempre più sussunto da questa, e nemmeno il movimento sindacale hanno saputo rispondere con la dovuta determinazione di classe. Una fase di debolezza di gran parte di queste forze che ha, infine, determinato una loro subordinazione al progetto liberista dell’UE e un’accelerazione della loro stessa crisi come soggetti sociali e politici, sfociata nella loro esclusione dalle principali istanze della democrazia rappresentativa.
Abbiamo attraversato grandi mobilitazioni sociali, contro la globalizzazione capitalista e contro la guerra, le lotte sociali condotte dalla CGIL nella prima decade di questo secolo e dalla FIOM nella seconda, le giovani generazioni hanno provato a rialzare la testa con l’onda studentesca, eppure nessuna di queste esperienze conflittuali ha vinto le proprie battaglie e, soprattutto, è approdata ad una significativa traduzione nel campo politico. All’opposto, nel campo della cosiddetta sinistra, abbiamo assistito ad una serie ininterrotta di operazioni politiche autoreferenziali e fallimentari, indipendenti dalle lotte sociali ed orfane della lotta di classe, che sono dapprima scadute nel particolarismo e nell’eclettismo ideologico, e subito dopo degenerate nell’opportunismo politico. Ciò ha sorretto decenni di retorica antipolitica, che ha caratterizzato l’attacco alla democrazia mediante la contrapposizione tra popolo e ceto politico e nel quale si è consumato il fuoco di paglia del Movimento 5 Stelle.
Tuttavia le promesse della nuova era capitalista si sono presto infrante di fronte alla più grave crisi economica strutturale della storia. Questa crisi viene scaricata sui popoli e trasformata in crisi sociale, la crisi sociale viene gestita come problema di ordine pubblico ed in questo modo le lotte popolari, laddove non possono essere contenute, vengono criminalizzate e represse.
Le conseguenze dell’epidemia di COVID-19 rappresentano un terreno ideale di sperimentazione del controllo sociale che verrà attuato nei confronti delle masse popolari. Per questa ragione è necessario, innanzitutto, comprendere come quella causata dall’emergenza sia una crisi nella crisi, i cui effetti si stanno già manifestando quale accelerazione di processi già in atto prima del coronavirus. La crisi capitalistica è sempre crisi di sovrapproduzione, provocata dalla caduta tendenziale del saggio di profitto, quella attuale non solo non fa eccezione, ma ne è addirittura una dimostrazione scolastica. Se si uscirà da questa crisi, sempre meno ciclica e sempre più progressiva, senza un sovvertimento degli attuali rapporti di potere, lo si farà mediante una profonda ristrutturazione sociale nella quale si continuerà ad imporre i fenomeni speculari della privatizzazione dei profitti e della socializzazione dei costi. Ciò comporta un incremento della disoccupazione e della precarietà, un aggravamento della povertà per fasce sempre maggiori di popolazione, la definitiva scomparsa di un ceto medio i cui risparmi sono pesantemente attaccati, l’ulteriore privatizzazione dei servizi di interesse generale con la progressiva esclusione di una grande porzione di popolazione dall’accesso a livelli essenziali di istruzione, salute e benessere.
Il contesto sociale, economico e politico che caratterizza l’attuale fase della globalizzazione capitalista ci proietta in una realtà ultra-connessa, nella quale è impossibile, oltre che profondamente sbagliato, scindere il particolare dal generale, così come distinguere il locale dal globale. E’ nei territori e per mezzo dei governi periferici, sempre più ridotti ad una funzione di vassallaggio dalle oligarchie, che i codici normativi del capitale producono i loro effetti e ribadiscono in modo capillare il loro ordine sociale.
La distribuzione diseguale della ricchezza si nutre di uno sfruttamento sempre più intensivo del lavoro, caratterizzato da flessibilità dei rapporti, precarietà contrattuale, compressione dei salari e dei diritti sociali. I settori produttivi, dall’agricoltura alla manifattura, soffrono la competizione globale, il dumping fiscale e sociale, mentre all’ombra delle crisi industriali avanza la desertificazione di intere aree industriali e commerciali. I servizi pubblici essenziali vengono espropriati alla collettività e privatizzati, consegnando al mercato, al processo di valorizzazione capitalista, i beni comuni, i bisogni ed i diritti sociali delle persone: l’energia, la sanità, l’istruzione, il credito, le telecomunicazioni, le infrastrutture ed i trasporti.
La lotta politica dei comunisti, al pari delle lotte sociali dei lavoratori e degli studenti, deve perseguire le più ampie alleanze sociali, si deve strutturare in una più vasta ed articolata lotta di classe, per unire ciò che il dominio incontrastato del capitale e le politiche neoliberiste hanno frammentato: le generazioni contrapposte, le categorie produttive settorializzate, i lavoratori divisi in precari e garantiti, cittadini ed immigrati. Così l’organizzazione della lotta di classe per il socialismo, che è la lotta politica dei comunisti, individuando il nemico comune nell’imperialismo e nel potere delle oligarchie finanziarie, rappresenta l’unità di tutte le lotte sociali, per i diritti dei lavoratori, per la tutela dell’ambiente, per la promozione dei beni comuni, per l’estensione dei diritti di cittadinanza, per la difesa della democrazia e della pace.
Così come non è possibile cambiare lo stato di cose mediante una moltitudine di vertenze particolari prive di un orizzonte comune, non hanno nessuna speranza di successo iniziative politiche che, intrappolate in una dimensione esclusivamente territoriale e civica, non mettono in discussione l’ordine globale e non si strutturano per un livello di lotta più alto. Da questo punto di vista le elezioni regionali devono essere considerate un fondamentale passaggio politico di carattere generale. E questo non perché vengano strumentalizzate da un leader politico nazionale, come si è affermato nel caso dell’Emilia Romagna, ma in quanto, da un lato, sono elezioni politiche di enti pubblici legislativi, dall’altro, riguardano istituzioni che hanno poteri di governo non sempre inferiori allo Stato, ma al contrario, molte volte, anche più penetranti.
Negli ultimi vent’anni la sovranità statuale ha subito un doppio attacco da parte delle oligarchie capitaliste ed imperialiste, uno agito dall’alto, mediante il rafforzamento di sovranità transnazionali ed antidemocratiche come l’UE, la BCE e la NATO, l’altro dal basso, con il processo di regionalizzazione, in Italia cavalcato tanto dalla Lega Nord quanto dal PD. Il risultato di questo processo di limitazione della sovranità popolare si è tradotto nell’espansione del cosiddetto soft law capitalista e nelle conseguenti politiche economiche neoliberiste, in ragione delle quali gli enti locali, sottoposti all’imposizione del pareggio di bilancio e legittimati da un’interpretazione estensiva del principio di sussidiarietà, entrambi inseriti in Costituzione con riforme bipartisan, hanno proceduto a privatizzare i settori economici pubblici ed i servizi essenziali, come quello sanitario, che è stato duramente intaccato regione per regione.
Per questa ragione i programmi elettorali che promettono la difesa dei beni comuni, dei servizi pubblici e della sanità, senza mettere in discussione il sistema economico capitalista ed il sistema politico dell’UE e dell’Euro, non sono credibili. Così come non è credibile chi si ostina a perseguire l’obiettivo della democrazia e della pace in alleanza con gli USA, sotto l’ombrello protettivo di un’organizzazione imperialista e guerrafondaia come la NATO.
Le elezioni, siano esse politiche o amministrative, rappresentano per noi una fase di trasformazione della lotta di classe in lotta politica, e viceversa. Un passaggio nel quale imprimere maggiore forza nella costruzione dell’organizzazione fondamentale della lotta sociale e politica: il partito comunista. Da questo punto di vista non sono praticabili alleanze programmatiche con entità politiche che, quando non sono del tutto subalterne alle oligarchie finanziarie e imperialiste, come le destre ed il PD, due facce della stessa medaglia, si riducono a ristretti gruppi residuali, alla ricerca di un ruolo minore nel teatrino politico, a circoli tematici frequentati da anime belle, ovvero, nel migliore dei casi, a gruppi socialmente attivi, ma sostanzialmente privi di visione e disciplina politica.
Le imminenti elezioni regionali saranno un campo di scontro politico con valenza nazionale, nel quale sarà molto difficile, specialmente nelle Marche, ripetere la chiamata alle armi contro il pericolo della destra, come già accaduto in Emilia Romagna. Tali appelli assumono già un sapore molto amaro, per tutti coloro che negli ultimi due lustri di governo di centro-sinistra hanno assistito allo smantellamento della sanità pubblica ed al finanziamento di quella privata; alla chiusura di reparti, punti nascite, ospedali e strutture sanitarie sul territorio; al fallimento della Banca delle Marche; alla chiusura di fabbriche ed alla desertificazione industriale del territorio, con profitti milionari per i grandi imprenditori e disoccupazione per i lavoratori.
E’ evidente che continuare ad investire su questo ceto politico, del tutto subalterno alle piccole e grandi oligarchie economiche, non può che rafforzare l’avanzata delle destre più reazionarie, vale a dire l’altra espressione del sistema oligarchico, quella peggiore perché in grado di svolgere meglio la funzione repressiva contro le masse popolari. Serve contrapporre alla destra ed al centro-sinistra una vera alternativa di sistema, a tutti i livelli: locale, regionale, statale ed internazionale.
La proposta politica Comunista! si adopera affinché le elezioni regionali delle Marche, così come ogni altro passaggio elettorale e ridotto spazio democratico, rappresentino una fase della più ampia lotta politica contro il sistema oligarchico, contro il dominio capitalista ed imperialista. Per questa ragione non rinuncia a mettere al centro del suo programma il superamento dell’attuale sistema economico e sociale, a cominciare dalla rottura dei trattati comunitari che hanno istituito l’UE e l’Euro, per la ricostruzione della sovranità popolare e della democrazia costituzionale. Il governo regionale, coerentemente con questo obiettivo strategico, dovrà attuare il superamento del pareggio di bilancio e del patto di stabilità e crescita, al fine di attuare misure di economia pubblica anticiclica.
Tale impegno rappresenta il presupposto per una politica sociale che non si limiti a correggere le storture del mercato, ma che rimetta al centro la questione della socializzazione dei mezzi di produzione, quale unica risposta possibile alla crisi strutturale del capitalismo. L’intervento pubblico diretto nell’economia è giusto e necessario, laddove la competizione mondiale e la concentrazione di capitale tende a distruggere interi settori produttivi. In questa fase l’intervento economico pubblico non solo non va contro l’iniziativa economica privata, bensì la sostiene e la rafforza in un rapporto sinergico. Al tempo stesso solamente un'economia pianificata, al contrario dell’opaca anarchia del mercato, può garantire maggiore occupazione, salari adeguati a fronte della riduzione dei tempi lavoro, democrazia e sicurezza nei luoghi di lavoro, formazione professionale, investimenti produttivi e tecnologici, sviluppo sostenibile e tutela dell’ambiente.
E’ altresì urgente e necessario fermare la ritirata del settore economico pubblico dalla gestione dei servizi pubblici essenziali, i quali devono essere potenziati e garantiti all’universalità dei cittadini. In particolare nelle Marche va ricostruita e potenziata la rete pubblica degli ospedali e dei servizi socio-sanitari, sacrificata negli anni dai tagli alla spesa pubblica, nonché dalla chiusura di strutture pubbliche e dai finanziamenti di quelle private. Va inoltre attuata la volontà popolare sancita con il referendum democratico del 2011, mediante la costituzione di un ente di diritto pubblico e senza scopo di lucro per la gestione del servizio idrico integrato, la ripubblicizzazione delle reti infrastrutturali (energie e gas metano, telecomunicazioni, autostrade, ferrovie, porti, aeroporti) ed il potenziamento dei servizi di trasporto pubblico locale.
Comunista! è la nostra esclamazione. Comunista è la nostra idea, il nostro progetto, la nostra militanza. Comunista è la donna, l’uomo, il lavoratore, il cittadino, l’elettore. Comunista è l’unità, il soggetto politico, il movimento reale, la lista elettorale, il partito. Comunista è l’aggettivo universale della nostra azione collettiva. Comunista è l’organizzazione della lotta di classe. Perché tornare al passato non è possibile, è contro il processo umano della storia. Perché è già iniziato un nuovo round, che siamo chiamati combattere. E questa volta la campana suonerà una musica diversa. Perché il nostro futuro è Comunista!
Agostini Guido, pensionato, Porto San Giorgio (FM); Aigotti Giovanni, disoccupato, Urbino (PU); Amagliani Marco, già assessore regionale, Falconara Marittima (AN); Amagliani Maurizio, impiegato, Falconara Marittima (AN); Amicucci Davide, impiegato, Falconara Marittima (AN); Ausili Peter, lavoratore autonomo, Santa Maria Nuova (AN); Baldelli Laura, insegnante, Ancona (AN); Baldoni Mariella, pensionata, Fabriano (AN); Baleani Fabrizio, giornalista ed insegnante, Filottrano (AN); Balestra Rossana, impiegata, Osimo (AN); Belardinelli Alessandro, operaio Whirpool e sindacalista, Matelica (MC); Belfiore Alessandro, attivista No Guerra No Nato Ancona, Falconara Marittima (AN); Bellagamba Lucia, bracciante agricola, Montefano (MC); Belligoni Maurizio, medico e già dirigente sanitario, Senigallia (AN); Boria Francesco, segretario scolastico, Fano (PU); Borri Matteo, disoccupato, Ancona (AN); Bramati Giorgio, insegnante, Fano (PU); Cantori Mauro, ingegnere, Osimo (AN); Capecchi Renzo, libero professionista, Fano (PU); Carofiglio Domenico, operaio, Sassoferrato (AN); Carullo Antonio, ingegnere, Osimo (AN); Casetta Alex, cuoco, Pietrarubbia (PU); Catena Carlo, operaio e già consigliere comunale, Osimo (AN); Cavenaghi Sergio, impiegato, Pesaro (PU); Ciaschini Luca, avvocato, Fano (PU); Cinelli Enrico, impiegato, Fano (PU); Coletta Roberta, impiegata, Ancona (AN); Costantini Ettore, pensionato, Fabriano (AN); Costantini Ida, insegnante, Ascoli Piceno (AP); De Leoni Marianna, docente, scenografa, regista teatrale e direttrice artistica, Osimo (AN); Del Monte Giovanni, assicuratore e consigliere di quartiere, Pesaro (PU); Desiderio Nicola, operaio, Ancona (AN); Di Giuseppe Mauro, operaio, Offida (AP); Ermolovitch Stanislav, disoccupato, Pesaro (PU); Fagiani Francesco, lavoratore autonomo, Montegiorgio (FM); Ferretti Alberto, informatico, Altidona (FM); Fioranelli Francesco, operaio agricolo, Montefano (MC); Fioravanti Luigi, pensionato, Porto San Giorgio (FM); Fioravanti Marianella, merchandiser, Civitanova Marche (MC); Fiordarancio Licia, insegnante, Ancona (AN); Forni Giacomo, bancario e sindacalista, Offagna (AN); Gabbanelli Simone detto Nello, organizzatore eventi, Osimo (AN); Galié Rosanna, infermiera dirigente, Comunanza (AP); Gemini Fabio, educatore professionale, Offagna (AN); Gentili Andrea, operaio, Montefano (MC); Giacobbi Pierluigi, operaio, Petritoli (FM); Giannini Fosco, già Senatore della Repubblica, Ancona (AN); Giantomassi Filippo, agente di commercio, Osimo (AN); Gili Gianluca, operaio, Pesaro (PU); Giordani Jacopo, operaio, Ascoli Piceno (AP); Grilli Andrea, operaio, Falconara Marittima (AN); Leoni Sergio, agente di commercio, Ancona (AN); Malavisi Enrico, commesso libraio, Porto San Giorgio (FM); Mancini Gianfranco, pensionato, Monteporzio (PU); Mancini Giorgio, ricercatore, Osimo (AN); Manfredi Pietro, operaio, Chiaravalle (AN); Marcelli Flori Massimo, impiegato, Falconara Marittima (AN); Marzetti Lorenzo, inoccupato, Macerata (MC); Marzialetti Jacopo, studente, Montappone (FM); Matè Andrea, autista, Fermo (FM); Meloni Ernesto, pensionato, Fabriano (AN); Mencarelli Marzia, pensionata, Pesaro (PU); Nigosanti Claudio, disoccupato, Pesaro (PU); Pandolfi Lucia, farmacista, Fabriano (AN), Pandolfi Marco, disoccupato, Senigallia (AN); Pannelli Filippo, impiegato, Civitanova Marche (MC); Pasquinelli Fabio, avvocato e già consigliere comunale, Osimo (AN); Persiani Lorenzo, cooperante internazionale, Osimo (AN); Piergigli Fabiana, sociologa e già assessore comunale, Maiolati Spontini (AN); Pizzichini Luciano, infermiere, Ancona (AN); Pizzorno Chiara, insegnante, Fano (PU); Prezioso Andrea, disoccupato, Pesaro (PU); Priori Maria Renata, casalinga, Sassoferrato (AN); Pucci Marco, pensionato, Pesaro (PU); Quondamatteo Federico, studente, Fermo (FM); Raccichini Giorgio, insegnante, Porto San Giorgio (FM); Raccichini Piero, pensionato, Porto San Giorgio (FM); Roberti Angelo, pensionato, Petritoli (FM); Rossi Milena, casalinga, Pesaro (PU); Serafini Patrizia, insegnante, Fermo (FM); Sgalla Alberto, docente e scrittore, Ancona (AN); Silvestrini Katia, attivista per la sanità pubblica, Fabriano (AN); Simonetti Ismaele, bracciante agricolo, Santa Maria Nuova (AN); Starnoni Lorenzo, studente, Amandola (FM); Stringati Simone, artigiano, Pesaro (PU); Trionfetti Cristina, disoccupata, Macerata (MC); Zampetti Carlo, dipendente delle poste e già vice sindaco, Serra San Quirico (AN); Zoppi Simone, cuoco, Ancona (AN).
L'importante è che non sia soltanto per il prossimo rinnovo del Consiglio Regionale cioè a fini elettorali.........poi chi si è visto si è visto!!!!!!
RispondiEliminaHai ragione, in questo caso le elezioni non sono il fine, ma il mezzo. Stiamo costruendo qualcosa di solido.
RispondiEliminaPer costruire realmente qualcosa di serio ci vuole la partcipazione di tutti/e le compagne/i,riconoscendo il fatto che la lotta che intraprendiamo deve essere una lotta di classe contro chi manovra il capitalismo eliminando il capitalismo, contro l'imperialismo dell'UE, e la Nato.......No ci devono essere fini elettorali ma voglia di cambiare realmente una realtà che ci ha portato alla situazioneattuale dove anche lo stesso capitalismo ha fallito e come mai come ora se ne deve apriofittare della situazione
RispondiEliminaUn esperimento interessante
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